Con la partecipazione dell’on. Maria Teresa BELLUCCI (FdI), Commissione Bicamerale per l’Infanzia e l’adolescenza.
Puntata di giovedì 22 aprile, ore 10.30

La pandemia in questo lungo anno non ha fatto sconti a nessuno. Tuttavia, c’è chi ha subito maggiormente le conseguenze delle restrizioni che si sono rese necessarie per contrastare il virus. Stiamo parlando di migliaia di minori, bambini e giovani ragazzi, che già prima del Covid vivevano in contesti sociali e familiari contraddistinti da povertà e violenza. La chiusura delle scuole e la sospensione dell’operatività della maggior parte dei servizi sociali territoriali, per questi minori ha portato conseguenze gravissime. Da questo punto di vista, sbaglia chi pensa alla riapertura delle scuole in “chiave economica”, per permettere ai genitori di lavorare senza avere l’incombenza di accudire la propria prole. La scuola è prima di ogni cosa un luogo sicuro per migliaia di bambini e ragazzi. Un luogo sicuro perché li tiene lontano dalla violenza domestica e da un ambiente sociale compromesso. Un luogo sicuro perché per molti di questi minori le mense scolastiche solo l’unica occasione della giornata per consumare un pasto completo. Secondo gli ultimi dati, infatti, sappiamo che sono oltre 450 mila i minori in carico ai servizi sociali.
Oltre a ciò, esiste un esercito di minori invisibili, dimenticati anche dallo Stato. Nel nostro ordinamento la normativa che regola gli affidi familiari è costellata da troppe ombre, laddove quando si parla di bambini tolti alle loro famiglie la trasparenza dovrebbe essere oltremodo doverosa. In assenza di un Registro nazionale dei minori dati in affido, lo Stato non ha contezza della sorte di questi minori. Secondo un Report diffuso dal Ministero della Giustizia, per l’88% dei minori allontanati non si è più in grado di indicare la destinazione. Sappiamo però che negli ultimi 20 anni sono stati 160 mila i minori allontanati dalle loro famiglie: nella metà dei casi si è trattato di “errori giudiziari”.
Un dato particolarmente allarmante riguarda l’ormai consueta prassi di togliere i minori alle famiglie per “questioni economiche”. Non ci riferiamo, quindi, a casi di violenza o maltrattamento, ma a provvedimenti che colpiscono le famiglie indigenti. In pratica, lo Stato invece di sostenere le famiglie che si trovano in una situazione di fragilità economica, preferisce allontanare i minori da quel nucleo familiare. E dove li manda? Nel 79% dei casi, i minori tolti alle famiglie per questioni economiche vengono mandati in una casa famiglia. E sull’operato di queste case famiglie si apre un capitolo veramente preoccupante. Non c’è chiarezza e uniformità nemmeno sulle “tariffe” che Comuni e Regioni versano alle cooperative per ogni bambino ospitato. Sappiamo soltanto che ogni minore affidato a queste cooperative “vale” dai 50 ai 400 euro al giorno, sulla base di variabili che neppure il Ministero conosce nel dettaglio. ll rischio, più che concreto, è che affidare i minori alle comunità sia diventato un business. Un’accusa forte, ma fondata su validi elementi.
Dopo i fatti di Bibbiano che hanno interessato la comunità “Il Forteto”, ci si sarebbe aspettato da parte del nostro Parlamento un impegno maggiore per rimettere mano a tutto il sistema degli affidi e regolare meglio l’operato delle comunità. Non solo ciò non è avvenuto, ma in questo ultimo anno sono accaduti fatti che gettano ancora maggiori sospetti su chi o quanti alimentano questo sistema.
Lo scorso luglio il Parlamento ha approvato una legge per l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sul sistema degli affidi e sulle attività delle case famiglia e comunità che accolgono i minori allontanati dalle loro famiglie. Dopo dieci mesi dall’approvazione della legge, la Commissione parlamentare non si è ancora insediata. Formalmente, spetta ai presidenti delle Camere indire la prima riunione. L’elemento ostativo riguardava la mancata indicazione da parte di alcuni Gruppi parlamentari dei loro componenti. Abbiamo appreso dall’on. Maria Teresa Bellucci, che da mesi sta portando avanti in solitaria questa battaglia, che da un paio di settimane questo impedimento formale non esiste più. Ergo, la Commissione potrebbe cominciare a lavorare anche oggi stesso. Ma è quel “potrebbe” a fare la differenza.
Dieci mesi per dei bambini sottoposti ad abusi e violenze è un tempo infinito, che dovrebbe pesare sulla coscienza di tutti. Uno Stato che non annovera tra le sue priorità la tutela dei bambini e dei minori, non solo non dovrebbe nemmeno forgiarsi dell’epiteto “democratico”, ma ci spaventa. Allo stesso modo, senza correttivi legislativi, ci spaventano le conseguenze di una pandemia che ha reso migliaia di famiglie più povere. Dobbiamo forse aspettarci che a molte di queste famiglie siano tolti i loro figli? Ma c’è di più. L‘on. Bellucci ci ha fatto presente che, secondo la legge vigente, i bambini non potrebbero essere allontanati dalle famiglie per questioni di indigenza. Eppure i dati dicono che ciò accade nel 39% dei casi, e la casistica continua ad aumentare.
Dobbiamo ritrovare il coraggio di dire chiaramente chi ha interesse a lasciare la situazione così com’è – ha affermato Suor Monia – appellandosi magari ad una burocrazia troppo farraginosa: dietro c’è sempre la malavita e la corruzione. Allora è arrivato il momento di far sentire la nostra voce, la voce dei cittadini che chiedono giustizia per tutti i bambini dimenticati, che non hanno voce per difendersi. Il primo passo è far conoscere il problema, far sapere a quante più persone possibile che esiste questa orribile realtà. Il silenzio assordante di certa politica e dei mezzi di comunicazione, è un’indifferenza colpevole: ognuno di noi può decidere di prenderne le distanze. “Non sprechiamo questa pandemia chiudendoci in noi stessi, combattiamo l’egoismo” – ha detto Papa Francesco – “perchè peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”.
Buon ascolto!